Il debito pubblico continua a salire. Nel mese di maggio
2013 ha raggiunto l’inimmaginabile quota di 2074 miliardi, con il rapporto debito/Pil
che supera il 130%. Una statistica che, come più volte sottolineato dai
media nazionali, ci pone al penultimo posto in classifica dietro solo alla
Grecia e che include anche quei miliardi che abbiamo messo a disposizione per
salvare i paesi in difficoltà, tra cui la stessa Repubblica Ellenica.
Il problema sembra concentrarsi su una pura questione di numeri, di contabilità. Ma è davvero cosi? E’ la spesa pubblica il vero problema? Non è piuttosto la qualità della spesa a fare la differenza? Su cosa abbiamo investito in questi anni, dove sono finiti i nostri soldi? Nelle tasche di chi?
Con i nostri soldi abbiamo pagato
i caffè dei consiglieri regionali, i Suv, i matrimoni delle loro figlie, le
consulenze, spesso inutili, talvolta di bassa qualità, di amici degli amici. Abbiamo
finanziato un sistema di potere che, in particolar modo con il centro-destra, serviva
a raccogliere consenso e non a favorire sviluppo. Anzi, nella maggior parte dei
casi, portava al regresso sociale, culturale ed economico, visto che per favorire
gli amici degli amici, si toglieva spazio alle persone e alle aziende più capaci.
Abbiamo dato soldi, appalti,
finanziamenti a associazioni, aziende e quant’altro, che rimanevano in piedi
non per la loro capacità di competere e costruire, ma per la loro capacità di
tessere relazioni sociali, spesso finite nel mirino della Procura. Abbiamo
promosso in ruoli di prestigio e di importanza, persone dal dubbio curriculum e
dalle dubbie competenze. Come l’ex autista Belsito, esempio tra i più
eclatanti, diventato poi tesoriere della Lega, e infine piazzato alla
vice-presidenza di Fincantieri nel 2010, prima di venire triturato dalle
inchieste di ben tre Procure. “La Fincantieri - Cantieri Navali Italiani S.p.A.
– scrive Wikipedia - è uno dei più
importanti complessi cantieristici navali d'Europa e del mondo: azienda
pubblica italiana, già di proprietà dell'IRI, è oggi controllata da Fintecna,
finanziaria del Ministero dell'Economia”. Che apporto potesse dare l'ex autista all’industria
navale italiana è difficile saperlo.
Ora tutti quei soldi usciti dalle
Casse dallo Stato, sono stati sprecati. Per tenere in piedi baracche legate al
mandato elettorale del potente di turno, locale o nazionale. Per finanziare interessi
e lussi personali o cose e attività senza futuro.
E allora, prima di porci il
problema legittimo di ridurre il deficit e la spesa pubblica dovremo chiederci: A cosa
destiniamo questi soldi? Come investiamo quella quota che non rientra nelle
spese fisse, stipendi, servizi e quant’altro. Riusciamo a destinarle a qualcosa che crea
sviluppo, occupazione, futuro? Riusciamo a innescare un processo virtuoso, sostenendo aziende e servizi che puntano sulla qualità per affermarsi e vanno oltre l'amicizia del potente di turno? E anche. Riusciamo a ridurre,
tramite le nuove tecnologie, le spese della macchina
amministrativa? Riusciamo a renderla funzionale? E per quale motivo in questi anni non siamo stati neanche capaci di spendere, in progetti reali, fattibili e stabili, i miliardi di euro che l'Unione Europea ci mette a disposizione ogni quinquennio? E che siamo costretti a restituire.
Una serie di domande per
arrivare ad una risposta. La crescita e la decrescita del debito pubblico e della
disoccupazione, è anche legata al modo con il quale spendiamo questi soldi. Invece di ridurre la Spesa, scelta che per molti porta ad
una contrazione dei consumi, si potrebbe ragionare sul modo onesto e utile di destinare quei soldi, compresi i fondi dell'Unione Europea, per creare nuovo
sviluppo e occupazione. Se li usiamo nel modo giusto, progettuale, senza gli sprechi
degli ultimi anni, si potrebbe innescare una positiva reazione a catena. E migliorare di
conseguenza anche le entrate dello Stato, senza bisogno di tagli eccessivi.
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