LE TRAGEDIE DELLA FRENESIA
Lo scorso 31 maggio, in provincia di Padova, una giovane di 22 anni è stata travolta e uccisa da un Suv. Alla guida una donna di 63 anni, che non si è accorta di nulla. Trascinando la ragazza, ancora in vita, per oltre tre chilometri. La guidatrice era stata a far la spesa e poi dalla parrucchiera. "Ho sentito il forte colpo allo specchietto laterale e l’ho visto piegarsi – ha raccontato ai Carabinieri - Avrei controllato a casa cos’era accaduto".
Quattro giorni dopo a Piacenza un
uomo di 38 anni dimentica in auto il figlio di due anni per otto ore. Che
muore, ucciso dal caldo. L’asilo era distante solo poche decine di metri dal
suo luogo di lavoro. L’uomo avrebbe dovuto fermarsi, fare scendere il piccolo e
accompagnarlo all’asilo. Invece, inspiegabilmente ha tirato dritto. Avrà chiuso l’auto con il suo telecomando, avviandosi in una sorta di
“trance”, verso il suo ufficio. “Ci hanno detto che per Andrea (manager in
un’azienda di ristorazione) quella di martedì era una giornata decisiva sotto
il profilo professionale: doveva consegnare entro sera un progetto per
l'appalto di una importante commessa...» - riportano alcuni articoli di
cronaca.
Due fatti di cronaca,
apparentemente distanti, che hanno un punto in comune. Due persone, una
signora, con qualche problema psicologico, e un giovane manager preoccupato dal
lavoro, che si comportano come due automi.
La responsabilità penale è sempre
dei singoli. Ma è innegabile che c’è un intero sistema che tende a farci
dimenticare di noi stessi, ad allontanarci dalle nostre emozioni. A
catapultarci in una giostra senza senso in cui non si può mai scendere. In cui
l’unica regola è rimanere sempre in pista, anche se sbandiamo, anche se
investiamo qualcuno e non ce n’è accorgiamo, anche se lasciamo un figlio a
crepare dentro un’auto.
Quel sistema che ci stritola, siamo anche noi. Sono le
persone con cui entriamo in contatto nella vita di tutti i giorni. Quelle che
non accettano le battute, perché bisogna essere seri, anche se stai solo
comprando un paio di scarpe. Sono le cassiere che ci fanno uscire straniti dopo
aver fatto la spesa. Saranno anche i loro capi, che vorranno sfruttarle, forse. Ma di questo non ne ho la certezza. Sono tutti quelli che ci vogliono opprimere, sopraffare. O far stare
sempre in tiro. Come degli ipertesi. Sono quegli idioti che pensano che
mostrarsi umani, sia il segnale di chissà quale grave handicap, che loro
tengono lontani come fosse la peste. Sono quelli che vivono nell’apparenza della loro
perfezione, per fare chissà che dietro le tende. O che usano il diritto per
mortificare chi mostra il proprio dolore in un processo, per l’inspiegabile morte
di un fratello in una Caserma.
Sono loro a trasformarci da
esseri umani in automi. Dall’alto in basso. Stritolati e stritolatori. Vittime e carnefici. Non sanno, o non vogliono, relazionarsi come persone
umane. Non conoscono l'empatia. E allora ci mostrano il loro lato di plastica, sprezzanti verso chi non
si adegua alla loro finzione. Sono i Farisei. O gli Zombie dei film. Morti. Pronti ad
azzannare i vivi, per farli diventare come loro.
Forse pensano che quello sia il modello giusto
da seguire, l’efficienza fine a se stessa. Senza emozioni. Andare per andare,
consumare per consumare, fare per fare. Senza una ragione. Perché ci fa sentire
tanto fighi. Anche se altrettanto inutili, incapaci di consapevolezza, di
capire cosa stiamo facendo e perché.
Ed è questo sistema di stritolati e stritolatori. Di gente che uccide involontariamente e che porta al suicidio. Questo sistema del fare
sempre (che poi è un finto fare, come quello di una donna sterile, che non partorisce mai) senza mai fermarsi, senza pause. Senza progettare e senza ragionare, che ci porta a
delle tragedie nella nostra vita quotidiana e che ha portato alla
crisi dell'Occidente.
Riprendere coscienza di noi stessi, aprirsi e confrontarsi con gli altri, o quanto meno non opprimerli senza motivo, uscire se possibile dalla frenesia, lasciare la Formula Uno solo a chi sa permettersela, è la strada per risollevarsi come uomini. Come Stato. E come economia.
Riprendere coscienza di noi stessi, aprirsi e confrontarsi con gli altri, o quanto meno non opprimerli senza motivo, uscire se possibile dalla frenesia, lasciare la Formula Uno solo a chi sa permettersela, è la strada per risollevarsi come uomini. Come Stato. E come economia.
Nessun commento:
Posta un commento